Sono nato e cresciuto a Ostellato di Ferrara. Anno 1969. Ottima annata per lo Chateau Mouton Rothschild rosso! La passione per l’arte mi accompagna sin da bambino. La curiosità mi ha sempre spinto a sperimentare e ricercare, da autodidatta, le tecniche artistiche. Sconfinavo tra gli innumerevoli materiali manipolando tecniche pittoriche e improvvisazioni materiche. Cambiavo continuamente, ero vivace, impetuoso, instancabile. Lo sono ancora. Disegno da trentanni! A Ostellato, all’inizio degli anni ‘90, sono stato tra i fondatori di un gruppo ideatore di un evento presso la “COVATO”, a quel tempo gestita dal famoso chef Igles Corelli. L’iniziativa artistica era dedicata a una ricerca iconografica sulla vita e sul mondo di Toulouse Lautrec. Fino alla fine degli anni ’90 ho continuato a sperimentare la pittura figurativa scegliendo soggetti di matrice classica e utilizzando gessetti, olio e carboncino. Il dittico del 2003 dal titolo Uomo Tatuato è un esempio di sapiente uso della matita e della graffite. In seguito mi lasciai fortemente condizionare, in maniera inconsapevole, dal linguaggio del pittore modenese Wainer Vaccari (1949) a cui sono legato da buona amicizia. Un'influenza sulla mia pittura giovanile la devo anche, in un certo qual modo, al maestro Remo Brindisi (1918-1996), che ho avuto la fortuna di conoscere. Con l’arrivo degli anni duemila qualcosa si è trasformato nel mio modo di affrontare i codici classici e ho iniziato a inoltrarmi, prima, verso il linguaggio informale astratto per approdare, in seconda battuta, al figurativo informale, indagato attraverso tecniche miste. Ho così iniziato a ritrarre i personaggi dei fumetti, con particolare predilezione per Steve Rogers a.k.a Captain America ma, soprattutto, la “creatura” del moderno Prometeo meglio conosciuta come Frankenstein. Riproducendo sino all’ossessione il personaggio del romanzo di Mary Shelley (1816/17) ho iniziato a sperimentare la tecnica del collage. È iniziato così un processo di sintesi tra tecnica e soggetto, una sorta di percorso simbiotico, che mi sta portando verso la “pienezza artistica” e verso la continua ricerca di commistioni sempre più ardite tra l'uso del collage e altre tecniche pittoriche come olio, resine, colature plastiche, pastelli, incisioni. Tutto questo come a voler rincorrere quel senso di lordura, eterogeneità e apparente insensatezza, che generano stati d’inquietudine in chi osserva i miei lavori. “Ho cercato e ricreato lo stesso effetto di terrore che provavo davanti alla sublime creatura di Frankenstein”. Negli ultimi anni continuando a mettere a punto la mia ormai distintiva tecnica mista, ho indagato nuovi soggetti, divertendomi a rivisitarli e deformarli, dai ritratti fiamminghi di Rembrandt ai soggetti spagnoli di Velasquez, fino alle scene dei film del regista Michelangelo Antonioni. Una parte della mia crescita artistica la devo anche alle ricerche sul sensazionalismo a personaggi come Jeff Koons e Damien Hirst con il suo tema sull’impossibilità fisica della morte nella mente di un vivo. E poi ancora mi ritrovo ad attingere, in maniera involontaria, dalle Teste ritratte da Chuck Close e nella sua febbrile investigazione artistica. La tecnica compositiva di Enrico Pambianchi attinge dal collage e dal disegno dal vero. Al primo assegna il ruolo di costruire o decostruire nuove scene, spesso improbabili, spietatamente ironiche, al secondo permette di intervenire sulle nuove scene per crearne ulteriori mai esistita nella realtà. E’ possibile osservare, come il segno interviene sul tempo, inserendosi tra un fotogramma e l’altro, nel ciclo dedicato a Michelangelo Antonioni e nel trittico dedicato Buster Keaton. Sino ad arrivare, in alcune tele, all’illusione ottica come è il caso del quadro I Sensi e Scheda tecnica di un reato. La luce, nelle mie pitture, ha un ruolo molto rilevante. Le tele sono spesso riquadrate di bianco. Una cornice di luminosa serenità avvolge scene, volti, immagini, figlie di impetuose e inarrestabili complessità combinatorie. Alcune opere del passato, si trovano all’interno di collezioni private tra cui la quadreria di Rina Cavallini, meglio conosciuta come mamma Sgarbi, altre opere del presente si trovano nella collezione stabile della Galleria Civica di Ferrara, mentre, una parte della mia recente produzione artistica la si può vedere e trovare presso un importante collezionista fiorentino. Tutto il mio archivio di opere passate e recenti e in corso di realizzazione possono essere consultate attraverso catalogo digitale facendone richiesta al centro studi Dante Bighi di Copparo, Ferrara (www.centri-contemporaneo-er.it) e sul sito www.enricopambianchi.it
L’IPERREALISMO VISIONARIO DI ENRICO PAMBIANCHI
Il pittore attraverso il suo “iperrealismo visionario” produce opere, di vario formato, che raffigurano realtà a volte sincroniche a volte diacroniche, avanzando visioni salvifiche di memorabili icone o gente comune che il passato ci ha mostrato attraverso sembianze inquietanti. Può Frankenstein indossare calzoncini a fiori rosa per redimere se stesso? Può Mickey Mouse rappresentare le Schutzstaffel di Hitler? Il Martirio di San Sebastiano del Mantenga può avere luogo sotto i cieli plumbei di Lakehurst nel New Jersey? Può Captain America (Steve Rogers) evitare la tragedia del LZ 129 Hindenburg? Avete mai visto il quadro di Diego Velazquez “Las Meninas” piangere sangue e terra? Questi sono una parte dei soggetti ritratti da Pambianchi con la tecnica del collage e disegno dal vero. Nella prime opere e in alcuni lavori del ciclo spagnolo, anche le cornici dialogano con il contenuto pittorico divenendo opera plastica all’interno dell’opera pittorica.