Giorgio De Chirico nacque nel luglio del 1888 a Vòlos, in Grecia. Era figlio di genitori italiani giunti in Tessaglia per impegni lavorativi del padre, artista e ingegnere. Fin da bambino dimostrò il suo innato interesse per la pittura e per il disegno e per questo motivo, durante la sua giovinezza ad Atene, prese lezioni private da un maestro. Compiuti dodici anni, venne poi iscritto su consiglio paterno, all’Accademia delle Belle Arti dove si consolidò la sua formazione artistica. Alla morte del padre nel 1905, De Chirico con la madre e il fratello, si trasferì a Firenze dove iniziò ad interessarsi alla cultura tedesca, grazie alle opere di Nietzsche e Schopenhauer. Fu per questo motivo che nel 1906 scelse Monaco per proseguire i suoi studi pittorici presso l’Accademia locale. E’ in questa città che il giovane artista subì l’influenza di A. Böecklin e M. Klinger, appartenenti alla cultura simbolista. Testimoni di questa fase artistica sono le opere Marina (1908), Lotta tra Lapiti e Centauri (1909) e Il centauro ferito (1909). Lo stile pittorico dell’ancora giovanissimo pittore, cominciò poi ad orientarsi maggiormente verso rappresentazione oniriche ed astratte, connotate da un gusto molto personale. Di particolare rilevanza fu il soggiorno milanese del 1909 durante il quale l’artista, colpito da una forte depressione, rilesse l’opera di Nietzsche, cercando di tradurla in pittura. A Parigi, sotto consiglio di Apollinaire, partecipò al Salon d’Automne esponendo un Autoritratto, una Piazza d’Italia e una tela intitolata L’enigma dell’oracolo. Nel 1916 all’ospedale militare di Ferrara incontrò Carlo Carrà, con il quale iniziò la teorizzazione della pittura metafisica. Fu da questo momento che si delinearono le caratteristiche della scuola pittorica che valorizzava le atmosfere enigmatiche e i valori plastici delle figure. I dipinti risalenti a questa fase sono caratterizzati da forme particolari di architetture che sembrano identificare quinte prospettiche vuote e inabitate; opere emblematiche sono: Malinconica autunnale (1915), La grande torre (1912) e L’enigma dell’ora (1912). Permarranno anche negli anni seguenti le caratteristiche degli elementi prospettici, il gusto archeologico e si uniranno l’interesse per gli interni e gli oggetti di uso comune, collocati al di fuori del loro contesto abituale. Fece la sua comparsa in questi anni la figura del manichino, soggetto spesso presente nei dipinti dell’artista e che forse allude all’uomo-automa contemporaneo. Particolarmente significative, sono in questo senso le Muse inquietanti (1917-18) e Ettore a Andromaca (1924). Altri soggetti che spesso si ritrovano nelle tele di De Chirico sono i gladiatori e cavalli antichi. Dopo il successo internazionale della rivista di critica d’arte “valori plastici” avviata dallo stesso De Chirico, seguiranno però alcuni dissidi tra i sostenitori della pittura metafisica. Da questo momento infatti, la pittura dell’artista cominciò ad allontanarsi da questa corrente, per rifarsi invece a quella dei grandi maestri del passato come Tiziano, Raffaello e Curbet sviluppando il concetto di “ripetizione differente”. Iniziò così la fase delle vedute romane realistiche, delle nature morte e della sostanziale replica dei soggetti che avevano accompagnato tutta la sua produzione pittorica. Il pittore non tralasciò comunque di inserire nelle sue ultime opere elementi di innovazione. De Chirico morì a Roma nel 1978.