“Amo Gala più di mia madre, più di mio padre, più di Picasso e
perfino più del denaro” Salvador Dalì
Helena Devulina Diakonoff, nota come Gala Éluard Dalì, è stata amante, moglie, modella, musa ispiratrice, angelo custode e figura salvifica nella vita di Salvador Dalì.
Il loro primo incontro risale al 1929, anno in cui un gruppo di intellettuali e pittori surrealisti (tra cui Luis Buñuel, René Magritte e Paul Éluard) si reca a Cadaqués a conoscere l’eccentrico e stravagante genio catalano che l’anno precedente aveva firmato il Manifesto Antiartistico.
Per Dalì, l’apparizione di Gala fu una vera e propria folgorazione. La identificò fin dal primo istante come la donna dei suoi desideri, quella che aveva sempre sognato, anelato, voluto. Fisicamente perfetta e seducente, così affascinante, fiera, sicura di sé; la donna angelo, un ideale, un mito o forse una divinità.
Dal primo incontro Dalì non ebbe alcun dubbio: Gala sarebbe stata la sua donna, nonostante fosse la sposa del letterato Paul Éluard. Il suo squilibrio mentale e il suo isterismo confermavano la sua volontà: ogni volta che Gala compariva, l’artista veniva colto da risa incontrollabili, si contorceva, si buttava per terra e rideva, rideva nervosamente.
E fu così, in perfetto stile daliniano, che dopo aver appurato che la presunta coprofagia dell’artista fosse pura provocazione fine a se stessa, Gala promise amore eterno a Dalì. Donna dalla forte personalità, figlia di un avvocato russo, sicura di sé, amante dell’arte, di tutto ciò che suscitava piacere e godimento e inseparabile dal denaro, Gala divenne la salvezza fisica e mentale di Dalì:
“Così lei mi levò l’abitudine a delinquere e guarì la mia follia. Grazie! Voglio amarti! Voglio sposarti!”.
I sintomi isterici sparirono, fu nuovamente padrone della sua risata:
”Al centro del mio spirito crebbe una nuova forma di salute, fresca come un bocciolo di rosa”.
Gala fu la musa ispiratrice di Dalì, dipinta in innumerevoli suoi quadri. Mitizzata, divinizzata, idealizzata; raffigurata come Madonna, come dea, come divinità, circondata da simbologie mistiche e erotiche. Egli nutriva per lei un amore incondizionato, devozione, enfasi, quasi una sorta di amorevole soggezione.
Divenne passione, necessità fisica, dipendenza psicologica, custode del suo equilibrio mentale ed emotivo; guaritrice del suo corpo e della sua fragile psiche, in grado di dare sicurezza e stabilità a una personalità apparentemente eccentrica e forte, ma che in realtà celava un’inguaribile squilibrio.
“Grazie Gala! È per merito tuo che sono un pittore. Senza di te non avrei mai creduto ai miei doni”.
Moglie, madre, amante, una freudiana mamma gravida del proprio figlio Salvador:
”Gala viene a baciarmi prima che mi addormenti. È il miglior bacio e il più dolce di tutta la mia vita”.
Quando Gala morì, nel 1982, egli la fece imbalsamare e seppellire nel Castello di Púbol, dove si ritirò travolto da un inesorabile declino fisico e mentale. Smise di dipingere e tentò di togliersi la vita per disidratazione e allo stesso tempo di trasformarsi in uno stadio biologico in grado di donargli l’immortalità. Senza Gala, lo squilibrio mentale tornava a prendere il sopravvento su di lui.