La Scuola di Piazza del Popolo è un movimento artistico nato negli anni Sessanta a Roma; ne facevano parte Mario Schifano, Tano Festa e Franco Angeli che erano soliti riunirsi al Caffè Rosati in Piazza del Popolo appunto, o presso la Galleria La Tartaruga, dove - insieme ad altri artisti - hanno dato vita a questa corrente culturale. Sono conosciuti anche come “pittori maledetti” per lo stile di vita spesso trasgressivo e ribelle.
Esplode negli anni Sessanta e coincide con il boom economico del nostro Paese: in una condizione di ottimismo, di energia e vitalità, ma soprattutto di apertura e dinamismo che trovano posto nell’arte dei tre artisti, i quali sono promotori del passaggio dall’arte informale alla figurazione materica. Si muovono in una Roma che ovviamente conserva un'anima “ottocentesca”; infatti sono inizialmente guardati con sospetto e distanza dalla critica, ma poi rivalutati anche perché innovativi ed autonomi rispetto all’influenza americana e francese, tanto da rendere Roma una città in grado di far concorrenza a New York e Parigi in linea con il crescente movimento artistico della Pop Art.
Emilio Villa e Cesare Vivaldi, due critici d’arte, sono i primi ad accorgersi del loro potenziale, ma soprattutto ad intuire il loro bisogno di libertà espressiva nell’arte. Pittori e critici discutevano molto su cosa fosse giusto dipingere, stanchi di veder rappresentato sempre e solo l’uomo. Si dibatte molto sui modelli americani. Piazza del Popolo era un luogo di ritrovo, non solo per i pittori ma anche per i poeti, si trovava quindi un clima in continuo fermento, dove confluivano le arti più svariate, dal teatro, alla letteratura, al cinema, alla fotografia: questo ha favorito un’innovazione tramite il contatto tra discipline diverse.
L’arte di Schifano, Festa e Angeli era inedita, con tecniche innovative di esecuzione e nuovi materiali e soggetti da rappresentare: nell’arco di un decennio il modo di fare pittura cambia radicalmente. Oggetti presi dalla strada, cartelloni pubblicitari, elementi di uso comune, mass media, mezzi di comunicazione di massa, politica e civiltà dei consumi entrano nelle loro tele e rappresentazioni.
I tratti distintivi della pittura di questi artisti sono dati proprio dalla scelta di rappresentare temi presi dalla vita di tutti i giorni e ancora la creazione, tramite lo stesso, di un nuovo codice espressivo, che non ha nulla da condividere con la semplice rappresentazione del reale. Sono loro i protagonisti della Pop Art italiana.
Mario Schifano è stato la figura principale del gruppo. Influenzato dai più grandi innovatori stranieri contemporanei, sviluppa uno stile fortemente avanguardistico realizzando tele di enormi dimensioni, monocrome, con l’impiego di numeri e lettere e soggetti ispirati ai marchi pubblicitari (celebri sono la sua “Coca Cola” e la “Esso”). Inoltre, utlizza svariati materiali come lo smalto, l’acrilico e la carta da imballaggio come supporto. Oltre alla sperimentazione di nuove tecniche, tra cui la rielaborazione grafica attraverso il computer (“Tele computerizzate”), è tra i primi a proporre una contaminazione tra pittura, musica, cinema, fotografia, video. In galleria sono presenti alcuni multipli in edizione limitata, ad esempio la serigrafia dal titolo Innocenza figurata.
Tano Festa ha frequentato l’Istituto D’Arte di Roma diplomandosi in fotografia. La sua prima partecipazione pubblica avviene presso la galleria la Salita di Roma, dove un anno dopo esporrà la sua prima esposizione personale. Protagonista dell’arte pop romana si forma con le innovazioni proposte dal New Dada, proponendo opere con oggetti isolati e monocromi di uso quotidiano.
Famosissime, per esempio, le opere con le persiane, specchi e finestre. Festa, inoltre, sperimenta una nuova tecnica, nella quale le figure sono proiettate sulla tela, ma vengono poi riprodotte in modo frammentato. In galleria è presente un dipinto creato con questa tecnica, dal titolo Paesaggio Italiano .
Ultimo, ma non per importanza è Franco Angeli. L'artista non frequenta regolari studi d’arte, ma inizia a dipingere intorno al 1957 quando parte per il servizio militare a Orvieto. Tornato poi a Roma, entra in contatto con lo scultore Edgardo Mannucci, amico di Alberto Burri. Angeli rimane profondamente affascinato dall’opera di quest’ultimo ed inizia a cimentarsi nella pittura proprio nel suo studio. Si avvicina così all’arte astratto-materica ed informale, che lo colpisce per la predisposizione ad utilizzare forme e materiali diversi.
L’arte di Angeli è caratterizzata dalla presenza di inserti materiali come garze e veli, che ricoprono quasi tutta la superficie della tela e rendono poco visibile il soggetto, come fosse un ricordo lontano nel tempo. A partire dal 1964 Angeli inizia a costellare le sue opere di nuovi simboli, questa volta provenienti dalla visione quotidiana dall’arredo urbano e dei ruderi antichi di Roma. Alla fine degli anni Sessanta, Angeli inizia a spaziare verso altre forme d’arte come il video, la fotografia e le arti visive. In galleria abbiamo due opere uniche di Angeli, per esempio in quella intitolata Star possiamo osservare la ripetizione di alcuni elementi ricorrenti nella sua produzione, come l’aquila e le stelle.